Relegati nell'alveo dell'irrazionale o del patologico, emozioni, sentimenti e passioni fino ad alcuni anni addietro sembravano destinati ad essere considerati irrilevanti per il diritto penale, improntato ai valori di stampo illuministico che hanno totalmente permeato tale disciplina in ogni suo aspetto a partire dalle scelte di politica criminale (cosa e perché punire), dalla valutazione concreta dell'agire criminoso (se e quanto punire) fino alla comminazione della sanzione penale da parte del giudice e della sua esecuzione (come punire). Le nuove scoperte nel campo delle neuroscienze cognitive e della psicologia comportamentale hanno sovvertito l'antica credenza dell'irrazionalità delle emozioni e della loro conseguente ininfluenza per il diritto, assegnando un nuovo e fondamentale ruolo all'emotività nei processi cognitivi e decisionali razionali. Nello stesso tempo, le ricerche effettuate in ambito sociologico hanno sempre più valorizzato la portata di emozioni come l'odio, il disgusto, la vergogna, l'empatia sia come possibili fattori criminogeni, sia come risposta al crimine da parte della comunità dei consociati. Interrogarsi oggi sul rapporto tra crimine ed emozioni vuol dire non solo comprendere qual è il ruolo che ha svolto e continua a svolgere l'emotività dentro e fuori i tribunali ma anche se è possibile adoperare le "vecchie"" categorie del diritto penale per fronteggiare le nuove sfide della contemporaneità."
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